Valutazioni a fini di bilancio: Partecipazioni

Il valore recuperabile è dato dal maggiore tra il fair value less cost to sell (è un exit price) e il value in use

Valutazioni a fini di bilancio – Partecipazioni

 
In sede di predisposizione del bilancio di esercizio la voce Partecipazioni in imprese, siano esse controllate, collegate o altre, può presentare, ove ne ricorrano le condizioni, la necessità di effettuare una stima del valore delle stesse. Nel caso in cui, ad esempio, il costo di iscrizione si presenti maggiore del valore del patrimonio netto contabile pro quota della partecipata, spetta agli amministratori della società verificare se tale differenza sottenda un minusvalore da contabilizzare a bilancio tramite una svalutazione.
 
In caso di perdita durevole di valore il principio contabile OIC 21 – Partecipazioni e azioni proprie - fornisce indicazioni piuttosto sintetiche in merito alla determinazione del valore recuperabile delle partecipazioni immobilizzate iscritte al costo. Il paragrafo 31 del principio prevede infatti che “la perdita durevole di valore è determinata confrontando il valore di iscrizione in bilancio della partecipazione con il suo valore recuperabile, determinato in base ai benefici futuri che si prevede affluiranno all’economia della partecipante”.
 
Nella versione precedente l’OIC 21 era vago sulle modalità di determinazione del valore recuperabile, anche se implicitamente si poteva ritenere che fosse calcolato facendo riferimento all’OIC 9, ed in particolare al valore equo (fair value less cost to sell) della partecipazione e al suo valore d’uso (value in use).
La versione attuale (2017) dell’OIC 21 invece fornisce in Appendice A chiare indicazioni sulle modalità di determinazione del fair value (che ha sostituito il termine valore equo), ma non anche del valore d’uso (per cui invece si fa sempre riferimento all’OIC 9). In dottrina vi sono diverse posizioni in merito a quale sia il valore di riferimento: secondo un (i) primo orientamento il fair value rappresenta l’unico valore da determinare, mentre secondo (ii) un’altra posizione (più aderente ai principi contabili internazionali IAS 39 e IAS 36) il valore recuperabile è dato dal maggiore tra il fair value less cost to sell (è un exit price) e il value in use.


Metodi e criteri di valutazione

 
Per la determinazione del fair value si può far riferimento, secondo quanto previsto dall’appendice A dell’OIC 21, al (i) valore di mercato attivo, se la partecipazione è quotata, a (ii) transazioni dirette sulla partecipata oggetto di valutazione, o transazioni comparabili, a (iii) metodi di mercato (multipli di borsa), ovvero a (iv) tecniche di valutazione.
Quest’ultima opzione è certamente una delle più utilizzate visto la non semplice reperibilità di informazioni insita nei primi tre metodi. Nella generalità dei casi si dovrà pertanto determinare il fair value attraverso l’utilizzo di metodi analitici, quali i metodi finanziari, reddituali e patrimoniali. In particolare, i primi due consentono di determinare il fair value sulla base di un business plan attendibile, mentre il metodo patrimoniale è utilizzabile solo con una situazione patrimoniale a valori di mercato.
La determinazione del valore d’uso comporta l’applicazione di tecniche valutative basate sui metodi analitici, così come previsto per il calcolo del fair value.
 

Differenze tra fair value e valore d’uso

 
Data quindi la possibilità di ricorrere a medesime tecniche valutative (metodi analitici), ciò che cambia, facendo riferimento ai Principi Italiani di Valutazione, è la configurazione di valore ricercata.
Per il calcolo del fair value, ad esempio, si dovrà considerare l’highest and best use dell’attività, mentre per il calcolo del valore d’uso (value in use) si dovrà considerare l’impresa as is, senza quindi valorizzare le sinergie universali che un generico partecipante al mercato sarebbe in grado di generare.

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