Il valore che non si può stimare: la falla dell’art. 120-quater CCII (concordato con attribuzione ai soci)

Il valore che non si può stimare: la falla dell’art. 120-quater CCII (concordato con attribuzione ai soci)

È di recente pubblicazione un contributo di spessore per chi si occupa di ristrutturazione d’impresa: l’articolo del prof. Mauro Bini e del dott. Gianfranco Peracin sulla distribuzione del valore nel concordato in continuità con attribuzioni ai soci.

Il documento mette a fuoco un nodo tecnico evidenziato da tempo da diversi valutatori: la formulazione dell’art. 120-quater c. 2 CCII – quando richiede di determinare il “valore effettivo” a partire dal valore d’uso – è di fatto inapplicabile.

Come chiarito nel capitolo 4 dell’articolo, il valore d’uso è concettualmente incompatibile con la logica del piano di ristrutturazione:
 
  • esprime un valore dell’azienda nelle condizioni correnti;
  • esclude, per definizione, i benefici della riorganizzazione;
  • non incorpora la relazione tra struttura finanziaria e valore;
  • non consente l’uso di criteri alternativi di mercato.

È dunque impossibile stimare il “valore effettivo” usando un criterio che i principi contabili stessi vietano di applicare in un contesto di turnaround.
La configurazione di valore corretta, come ormai riconosciuto dalla migliore dottrina, è invece il Reorganization Value, già delineato nello Discussion Paper OIV 1/25 e approfondito nel nuovo volume del Prof. Bini La valutazione delle aziende in crisi.

Si tratta dell’unica metrica capace di:
  • riflettere il valore dell’impresa post-ristrutturazione;
  • considerare flussi condizionati allo scenario di successo del piano;
  • permettere una stima coerente con l’allocazione del valore ai diversi stakeholder;
  • garantire attendibilità nella prova di resistenza prevista dall’art. 120-quater.

Le considerazioni finali dell’articolo sono rilevanti: l’ambiguità interpretativa della norma rende vulnerabili le proposte di concordato con attribuzione ai soci, aumentando il rischio di contestazioni in sede di omologa. Per questo, come rilevato dagli Autori, oggi risultano più gestibili strumenti alternativi come piani di ristrutturazione omologati e accordi ad efficacia estesa, che pur meno tutelanti nella distribuzione del valore, evitano regole rigide tra soci e dissenzienti e riducono il rischio procedurale.
In un quadro normativo ancora in evoluzione, crediamo che chiarezza metodologica e rigore valutativo siano essenziali.

Come Revidere, continuiamo a lavorare in questa direzione, fornendo analisi e valutazioni indipendenti e tecnicamente fondate per professionisti, creditori e imprese coinvolte nei processi di risanamento.
 
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